I materiali resilienti da pavimentazione(cioè flessibili e resistenti) si sono diffusi con lo sviluppo delle resine e dei materiali sintetici.
Ne esistono svariati tipi, con composizione e caratteristiche molto diverse; ne citiamo alcuni, tra i più diffusi. La gomma (naturale o sintetica), mescolata con vinile, stabilizzanti a base di fibra di vetro o altro, è resistentissima, ignifuga, antistatica, fonoassorbente e inattaccabile dai batteri; è disponibile in piastrelle o in teli e può presentare una superficie a bolli o quadri a rilievo. Il linoleum è costituito da una miscela di olio di lino (da cui il nome) e resine naturali o sintetiche, farina di legno e altri additivi; viene laminato a caldo su tela iuta ed è disponibile in lastre o teli in una grande varietà di decori, da quello “marmorizzato” a quello a tinta uniforme.
I materiali resilienti
Il vinile (cloruro di polivinile o pvc) è composto da diversi strati sovrapposti: un primo strato trasparente e resistente all’usura, un secondo foglio con disegni o rilievi e infine un supporto idrofugo armato con lana di vetro; i pavimenti in vinile sono disponibili in piastrelle e lastre di 30×30 cm, 40×40 e 60×60, oppure in rotoli di 2 o 4 metri di larghezza; il vinile possiede un’ottima resistenza all’usura e agli acidi, è ininfiammabile, leggero e ha buone caratteristiche di isolamento termoacustico; questo materiale è inoltre fornibile in una vastissima gamma di colori e di testure della superficie.
Materiali resilienti: caratteristiche
La durevolezza, il valore inalterato nel tempo e la scarsa manutenzione richiesta, hanno esteso l’impiego dei materiali resilienti oltre i limiti delle cucine, dei bagni e delle stanze dove si entra con le scarpe infangate. Oggi, i materiali resilienti si possono trovare in molte delle principali aree di soggiorno della casa. Sono disponibili ottime imitazioni degli altri materiali da pavimentazione, come mattoni, ardesia, legno, marmo, mosaico alla palladiana, pietra da lastrico e ceramica.
I materiali resilienti
Con l’eccezione del vinile intarsiato e di quello di qualità superiore, le imitazioni sono meno costose dei rispettivi materiali originali e vengono largamente impiegate per riprodurre il look dei pavimenti più lussuosi, con i vantaggi offerti da un materiale resiliente.
La flessibilità di posa è un’altra delle numerose caratteristiche dei pavimenti resilienti; infatti, le piastrelle si possono disporre parallelamente ai lati della stanza, oppure in diagonale, e il motivo può includere un bordo particolare o un disegno irregolare. Tenete presente che il motivo, la testura superficiale e il colore della pavimentazione influenzano il look finale della stanza.
Il concetto di resilienza dei materiali
I materiali resilienti
L’uso della parola sta vivendo un’enorme crescita. Industrie e settori competono in proposte e programmi che diminuiscono per essere sostenibili. Questo fenomeno globale assume in Italia un carattere speciale, che porta a conclusioni che possono essere utili per un uso più disinvolto del concetto di sostenibilità.
L’etimologia dell’aggettivo “stabile” deriva dal sostantivo “stabilità”, dal verbo latino resilire, dal participio presente, saltare (salire) e all’indietro (cenere). La stessa etimologia si applica ai termini inglesi noun resilience e adjective resilience.
Nella tradizione dell’ingegneria meccanica italiana, “elasticità” si riferisce all’azione meccanica richiesta per rompere un materiale per impatto, utilizzando geometrie di campioni meccanici e materiali che soddisfano i requisiti di determinati standard. Il metodo di prova più comune fu proposto dal francese Georges Charpy (1865 – 1945) nel 1901 e consiste nell’incontrare e rompere una provetta usando un pendolo con un martello di forma adeguata.
In ingegneria meccanica
I materiali resilienti
Nella tradizione dell’ingegneria meccanica italiana, “elasticità” si riferisce all’azione meccanica richiesta per rompere un materiale per impatto, utilizzando geometrie di campioni meccanici e materiali che soddisfano i requisiti di determinati standard. Il metodo di prova più comune fu proposto dal francese Georges Charpy (1865 – 1945) nel 1901 e consiste nell’incontrare e rompere una provetta usando un pendolo con un martello di forma adeguata.
Misurando la massima dilatazione dei due pezzi opposti all’intaglio, cioè sul lato dell’urto del martello, si ottiene un indice del grado di deformazione plastica del provino e si ottiene così il rapporto fra fratture duttili e fragili.
Distinguere tra il grado di fratture fragili con superfici lisce (clivaggio) e aree duttili con superfici fibrose ad una velocità che può essere quantificata osservando la forma della superficie della frattura. Le dimensioni approssimative della zona fragile centrale determinano la percentuale di rottura duttile.
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